ENGLISH ORIGINAL
Traduzione da un originale in inglese del 2007. Un po’ sturm und drang quando lancia in resta lottavo cercando di dimostrare la superiorità dei mores romani … vabbè, caliamo un velo. Pls enjoy.
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Gli antichi Greci e Romani nutrivano un atteggiamento del tutto diverso nei confronti del sesso. Basta guardare queste statue – stupende nel loro erotismo – per cogliere in modo intuitivo una sensualità sincera che è agli antipodi dei costumi occidentali di oggi.
La bellezza e la naturale perfezione di questi corpi ci comunicano l’idea che il sesso non fosse percepito come osceno o licenzioso, bensì come una delle gioie della vita – un’idea molto semplice, direbbe l’intelligente studente greco conosciuto di recente, così come molto semplice, essenziale (e bellissimo) può essere un tempio greco. Il suo tormentone è meglio nell’originale:
It is so simple:
as simple (and beautiful)
as a Greek temple.
Di qui un godimento del sesso estremanente naturale, anche se con modalità non concepibili a noi contemporanei, soprattutto se consideriamo che tali statue erano in qualche modo legate a riti e alla religione.
Qui sopra possiamo ammirare la Venus Kallipygos, o Venere dalle belle natiche. Sotto, la statua di un satiro (che un’amica ha scelto tra un set di mie proposte assicurandomi, non priva di entusiasmo: “Dai, è un corpo veramente erotico!” Ho dovuto inchinarmi di fronte al suo superiore discernimento).
Venere era la Dea dell’Amore (in ogni senso) mentre un satiro, secondo la Wikipedia inglese (un buon punto di partenza, la wikipedia, per una ricerca ma niente di più) “è una creatura dionisiaca amante del vino, delle donne e dei ragazzi e disponibile a qualsiasi tipo di esperienza sensuale”.
Esistevano anche i satiri fanciulli (il che ci sembra veramente terribile) i quali prendevano parte ai riti religiosi di Bacco-Dioniso, che prevedevano spesso anche pratiche orgiastiche.
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A questo punto sono sicuro che qualsiasi lettore non potrà che convenire su un punto: le abitudini sessuali greco-romane erano veramente diverse. Non può esservi ombra di dubbio. Esse erano completamente diverse.
Se potessimo dimenticare di trovarci di fronte a statue classiche e le vedessimo solo con i sensi (senza ragionarci, voglio dire, e fuori dal loro contesto) ci apparirebbero sicuramente pornografiche.
Secondo la Wikipedia inglese “il concetto di pornografia così come viene vissuto oggi non esisteva fino all’avvento dell’epoca vittoriana.
Quando vaste opere di scavo vennero compiute a Pompei nel decennio 1860 molte opere dell’arte erotica romana vennero alla luce il che scioccò gli inglesi vittoriani che si consideravano gli eredi spirituali dell’Impero Romano (cfr. questo nostro post, capitoletto I Vittoriani, gli Italiani e gli Stati Uniti). Non sapevano più come fare con opere che mostravano in modo così esplicito e naturale la sessualità e dunque si adoperarono per nasconderle. Pertanto gli oggetti che potevano essere spostati furono dunque chiusi a chiave nell’area segreta del Museo Nazionale di Napoli”.
Sessualità romana scioccante
Non sono d’accordo con la Wikipedia inglese sul come e sul quando sia nato il moderno concetto di pornografia poiché la ricostruzione mi sembra troppo incentrata su di una visione unicamente anglosassone della storia [articolo di allora, non so oggi, ndr].
Posso sbagliarmi, posso aver ragione, cosa conta, quel che conta è che ci troviamo qui di fronte a una situazione di grande comicità. Mi sembra di vederli questi puritani vittoriani presunti eredi della romanitas (per certi aspetti lo erano, almeno a mio parere) i quali un bel giorno pieni d’imbarazzo e orrore si resero conto di quanto fossero pervertiti i Romani (almeno a loro parere) mentre assieme ai napoletani disseppellivano statue e dipinti erotici.
Mi figuro i loro volti pallidi e scossi. Soprattutto mi diverto un sacco a vederli (popolo che amo, sia chiaro, e con cui peraltro mi sono imparentato) mentre pieni di vergogna aiutano in fretta i napoletani a nascondere l’orribile verità.
I napoletani forse anche loro ridevano alle spalle degli inglesi, assai meno turbati, ne sono sicuro, di fronte a tali “esplicite manifestazioni di sessualità” (prova a indovinare il perché, caro lettore italiano) [è forse una delle permanenze o tratti del mondo antico che a mio parere sopravvivono in noi italiani e latini, la disinvoltura in tali questioni ecc., ndr).
Gara a chi ha il sedere più bello
Ma torniamo agli antichi. Questa Afrodite dalle belle natiche (l’immagine qui sopra, statua pare ritrovata tra le rovine della Domus Aurea a Roma, ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ) si toglie il peplo e si guarda le spalle per valutarsi i fianchi perfetti e il sedere. Il motivo è molto semplice (ma erotico, lo confessiamo).
La cosa ebbe infatti origine da una gara tra due bellissime sorelle per cui la statua, certamente dedicata a Venere-Afrodite, potrebbe in effetti realisticamente rappresentare sia la vincitrice che le sue chiappe. Voglio dire – ed è mero interesse storico, intendiamoci – che esiste qualche possibilità di contemplare qui un deretano greco vero (e non idealizzato, come era il costume dell’arte ellenica).
Il modo della fanciulla di apprezzarsi il sedere era certamente più evidente a quell’epoca poiché gran parte delle statue classiche erano dipinte a colori vivaci, per cui la direzione dello sguardo era probabilmente più palese (le pupille erano dipinte e così via).
Il culto di Venere-Afrodite dalle belle natiche nacque forse nella greca Siracusa (Sicilia) poiché è lì che le belle sorelle nacquero e vissero.
E’ inutile dire, ancora, come sarebbe oggi inconcepibile creare un culto e un santuario solo per un paio di bei glutei femminili (leggete nella Wikipedia inglese la storia peculiare delle due sorelle).
Venere era la dea della bellezza, della fertilità e dell’amore (sia spirituale che carnale).
La Venere romana era nata non a caso attorno a Lavinio poiché laggiù il grande antenato di Roma Enea (per inciso figlio di Venere) forse sbarcò e visse. Per cui, tecnicamente, i Romani erano figli di Venere (oltre che di Marte, Dio della Guerra): folle miscuglio, non vi pare?
A questo pensiamo a volte mentre passeggiamo tra il Colosseo, alla destra, e il Tempio di Venere e Roma, alla sinistra, in direzione della metro “Colosseo”; cioè tra i simboli conturbanti della Vita e della Morte. Quanto erano complessi i Romani.
L’Afrodite greca era invece nata a Cipro (casualmente l’isola dello studente greco appena conosciuto anche se non crediamo ai segni come fa invece lo scrittore brasiliano Coelho).
Le giovani coppie si recavano vicino ai templi di Venere per pomiciare e fare all’amore. La gioventù era probabilmente riguardosa e discreta ma ciò che è interessante è che il loro amore era come esaltato, santificato dalla vicinanza della Dea, qualcosa ancora una volta inimmaginabile nella società occidentale di oggi, che pure è molto libera. Pensate allo scenario di frotte di teenager che si assembrano vicino a una chiesa cattolica o anglicana in primavera o in qualsiasi stagione dell’anno. Pomiciano e fanno sesso alla grande accanto alle mura della chiesa, con il parroco che li benedice.
Anche solo un’idea del genere può offendere i veri cristiani. Naturalmente chiedo loro perdono, sul serio [en passant sto tornando a una qualche religione cristiana dopo la scrittura del mio primo romanzo, ndr], però per favore anche voi religiosi fate un po’ ‘no sforzo. Non siamo qui per offendere o per fare di questo blog un sito porno (che ci renderebbe più ricchi ma non necessariamente più felici). Siamo qui per parlare delle radici occidentali le quali, nella sfera sessuale, si dà il caso fossero diverse dalle nostre, ci piaccia o meno.
E’ sbagliato? E’ giusto? Difficile a dirsi. Noi preferiamo la visione antica dell’amore ma questa è solo la nostra opinione. Il sesso è bellezza, amore e sesso sono indistinguibili [è banale dirlo oggi, ndr], sono una gioia della vita non necessariamente legata alla riproduzione, come troppi papi (e preti) hanno cercato di inculcarci [papa Francesco forse vorrebbe fare sforzi in questo senso ma non può, succederebbe la rivoluzione, si spaccherebbe la Chiesa che non è solo europea ma mondiale: nel Quebec, per esempio, il Concilio Vaticano II, un’apertura notevole del cattolicesimo, ha totalmente distaccato la popolazione, abb. conservatrice, dalle chiese che sono rimaste deserte, ndr].
Rivoluzione soffocante?
Ok, si potrebbe dire. Se queste sono le nostre radici occidentali dei nostri comportamenti sessuali, che cavolo allora è successo? Perché c’è stata ‘sta rivoluzione soffocante che ha reso una delle gioie più belle della vita qualcosa di cui vergognarsi?
Perché solo un paio di generazioni fa i ragazzini e le ragazzine erano divisi a scuola e dovunque? E’ colpa dei preti? Degli intellettuali cattolici? E’ colpa degli inglesi vittoriani?
Forse in India sì, la terra del primo grande libro sull’amore e sui rapporti sessuali (tutti pensano solo alle posizioni, invece è terribilmente bello, terribilmente poetico, il Kamasutra, oltre che altamente scientifico). Voglio dire, in India forse i vittoriani inglesi avranno avuto pure qualche influenza (dannosa?) in questo settore, al punto che oggi le donne indiane nemmeno si mettono il costume da bagno al mare [nel 2007, oggi chissà]. Non posso però parlare dell’India non essendo indiano.
Per l’Occidente invece sono certo che la risposta – su quel che diavolo sia successo – vada ricercata a partire dall’epoca in cui l’Impero Romano divenne Impero Romano cristiano, cioè da Costantino [e Teodosio] in poi, quindi a partire dal IV secolo dopo Cristo. Anche se per onestà va detto che per reazione agli eccessi precedenti, in quel periodo di transizione sia pagani che cristiani erano già un pochino più … morigerati (anche se dalla morigeratezza alla totale repressione … qualche monaco ma anche teologi come Origene – Ὠριγένης di Alessandria – arrivarono a ‘castrarsi’ per non cadere in tentazione … andiamo!)
Un’ultima cosa. Vi sono ancora residui, oggi, di una simile e più libera visione sessuale? Noi lo crediamo ma non riveleremo il seguito di questa serie dedicata al sesso di Roma.
Nell’attesa 1) guardiamoci questa bella immagine dei Dioscuri Castore e Polluce, copia romana dell’originale del grande Prassitele (anch’essa approvata, non senza un certo entusiasmo, dalla nostra esperta romana. 2) Leggiamo infine la splendida preghiera a Venere di Lucrezio.
Lucrezio è un grandissimo poeta romano. Grazie ai suoi versi, se sarete in grado di apprezzarli, vivrete forse l’esperienza unica della macchina del tempo. Potrete cioè cogliere cosa un antico romano sentisse a proposito di Venere. E’ anche questa la forza dei classici. Essere una possente macchina del tempo, per penetrare misteri arcani eppure vicini, più vicini di quel che pensiamo o miei carissimi lettori italiani [testo, la traduz. sotto, tratto dal bellissimo sito Voci del mondo antico]:
O genitrice degli Eneadi, godimento degli uomini e degli dei,
divina Venere, che sotto i segni mutevoli del cielo
il mare che sostiene le navi e le terre che producono i raccolti
vivifichi, perché grazie a te ogni genere di viventi
viene concepito e giunge a visitare, una volta nato, i lumi del sole:
te, dea, te fuggono i venti, te le nubi del cielo
e il tuo arrivo, sotto di te la terra operosa soavi
fiori distende, a te sorridono le distese del mare
e, rasserenato, il cielo risplende di luce diffusa.
Infatti non appena si è manifestato l’aspetto primaverile del giorno
e, dischiusasi, prende vigore l’aura generatrice di favonio,
prima di tutto gli uccelli dell’aria te, o dea, e il tuo
ingresso segnalano, risvegliàti nei cuori dalla tua forza.
Quindi fiere le greggi balzano attraverso i pascoli rigogliosi
e attraversano a nuoto i fiumi vorticosi: a tal punto, colto dalla bellezza,
ciascuno ti segue con desiderio dove ti accingi a condurlo.
Infine per mari e monti e fiumi impetuosi
e frondose case di uccelli e campagne verdeggianti
in tutti infondendo nei petti un dolce amore
fai sì che con desiderio, genere per genere, propaghino le specie.
E poiché tu sola governi la natura delle cose
né senza te alle luminose sponde della luce alcunché
sorge né si produce alcunché di lieto né di amabile,
desidero che tu sia collaboratrice per scrivere i versi
che io sulla natura delle cose tento di comporre
per il nostro Memmiade, che tu, o dea, in ogni occasione
hai voluto si distinguesse dotato di tutte le qualità.
Per cui a maggior ragione da’, o divina, eterna bellezza alle parole.
Fai in modo che frattanto i feroci effetti della milizia
per i mari e le terre tutte riposino assopiti.
Infatti tu sola puoi con la tranquilla pace aiutare
i mortali, poiché i feroci effetti della guerra Marte
signore delle armi gestisce, lui che spesso nel tuo grembo si
getta sconfitto dall’eterna ferita di amore,
e così guardando in alto con il tenero collo ripiegato
soddisfa gli sguardi avidi di amore stando a bocca aperta verso di te, dea,
e dal tuo volto non si stacca il respiro di lui che giace.
Tu, o dea, col tuo corpo santo sopra di lui che giace
stando abbracciata, soavi parole dalla bocca
effondi chiedendo per i Romani, o divina, una pace serena.
Infatti né noi in questo momento turbolento della patria
possiamo vivere con animo sereno né la gloriosa discendenza di Memmio
in tali situazioni (può) mancare al bene comune.