Pitagorici che celebrano l’alba, di Fyodor Bronnikov (1827—1902), pittore russo che visse gran parte della sua vita in Italia. Wikimedia, pubblico dominio.

Giorgio ed io ci troviamo nella “piazzetta” del rione Monti (vedi immagine sotto). La solita gente locale che va qua e là, qualche turista (e i fancazzisti, che a Roma non mancano mai).

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Giorgio. “Qui non siamo a Roma nord. Siamo tu m’insegni in mezzo alle radici del mondo occidentale, che non si è formato nelle nebbie teutoniche ma in Grecia e soprattutto qui, tra queste strade e monumenti”.

Giovanni annuisce affascinato. Giorgio è un economista più che uno storico (o filosofo) ma si sta acculturando rapidamente. A scuola era sempre una spanna più in su degli altri.

Giorgio. “Ora, correggimi se sbaglio, monumentum in latino è testimonianza e infatti i monumenti, palazzi, statue ci ricordano le radici di cui parlavo, proprio come i nonni e i bisnonni rappresentano le radici della nostra famiglia. Bisogna considerare però che oltre ai monumenti di pietra ci sono altre testimonianze dell’antichità, parole e idee che sopravvivono e che costituiscono altrettanti monumenti, anche se immateriali, del mondo antico”.


[La foto della piazzetta è offerta da TripAdvisor]

Giovanni guarda il suo amico. Un viso gradevole e volitivo, anche se un poco quadrato.

Giorgio: “Il pensiero moderno occidentale – continua – è permeato dal pensiero antico ed è Roma ad averlo diffuso nell’Occidente europeo, a quei tempi assai più arretrato del Mediterraneo orientale. E i Greci?”

Giovanni: “I Greci … i Romani presero da loro solo quello che seppero e vollero prendere. Quanto al pensiero, includiamoci anche quello dell’uomo della strada, perché la mente di tutti è come un museo, un’arca che conserva anche i più piccoli fossili dall’età della pietra in poi, e li fa sopravvivere”.

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Si siede con loro Serafino, detto l’Extropian, a cui viene riassunta la conversazione.

La via lattea nella nostra galassia

Extropian. “Le mie scorribande nella scienza mi hanno portato a cogliere una connessione tra la scienza pitagorica e le moderne teorie dell’universo. Pitagora fu il primo, almeno secondo il filosofo Aezio, a chiamare l’universo Kosmos, per indicare qualcosa di armonioso e ordinato. Possiamo ‘dar senso’ all’universo, disse, e dopo di lui seguirono Galileo su su fino a Einstein e oltre.

Giorgio: “Dar senso come”.

Extropian. “Beh, con la matematica. Ma, e questo è il nodo da sciogliere e su cui si dibatte moltissimo, la matematica è solo un precisissimo strumento per descrivere l’universo e prevederne i comportamenti oppure “è” l’universo stesso? Il cosmo in altre parole, come sostiene il fisico del MIT Max Tegmark, non sarà ‘un gigantesco oggetto matematico di cui noi siamo elementi consapevoli’?
Tema affascinante.
Galileo affermò che il libro della natura è scritto in caratteri matematici, ma alla base di tutto, per quanto ne sappiamo, c’è Pitagora. Quindi i Greci – torniamo alle radici di cui parlavi, Giorgio – e un poco anche i Romani, che consideravano Pitagora il “loro” filosofo.

Giovanni: “Insomma, saremmo NOI gli antichi, come sostengo da anni nei miei blog”.

Arriva rotolando er Bamboccione, grasso e godereccio (e non del tutto idiota). Gli viene riassunto tutto.

Er Bamboccione: “Boh. Sarò pure antico, però so’ anche moderno. E pure voi, altrimenti che ce staremmo affa’ qua? A rompese li cojoni?”

Risata generale.


Bibliografia.

Maria Timpanaro Cardini, Pitagorici. Testimonianze e frammenti, 3 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1958-64, opera incredibile come incredibile è lei, “Maria d’Arezzo”.
Kitty Ferguson, La Musica di Pitagora, Longanesi 2009
Max Tegmark, L’universo matematico. La ricerca della natura ultima della realtà, Bollati Boringhieri, 2014. Opera coraggiosa e notevolissima, chiara anche per chi la matematica la mastica poco.

2 thoughts on “La matematica descrive l’universo o “è” l’universo? Pitagora + er Bamboccione

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